Il Mondo cambia. Il NordEst lo ha capito? Come uscire dalla crisi economica
11 febbraio 2015 – Monfalcone – con il prof. Daniele Marini dell’Università di Padova.
Ci sono segnali di recupero nel Nord Est, siamo in vista di una ripresa, abbiamo toccato il fondo e stiamo risalendo? Domande che in tanti si pongono, e alle quali hanno cercato di dare una risposta, ieri al Palazzetto veneto di Monfalcone, Daniele Marini, docente di Sociologia e dei processi economici e del lavoro all’Università di Padova e direttore scientifico della Community Media Research, e il direttore del “Il Piccolo” Paolo Possamai, in un incontro organizzato dall’associazione culturale “Libertà Territorio Solidarietà” presieduta da Franco Brussa.
Alla domanda iniziale Marini ha risposto rimarcando l’estrema difficoltà di fare previsioni. «Prendiamo decisioni – ha spiegato – senza sapere se ci porteranno al risultato atteso. Segnali positivi nei nostri territori ci sono – ha aggiunto – ma non sistemici», e si collocano in un contesto internazionale fortemente imprevedibile.
Per il docente dell’Università di Padova la parola crisi non fotografa più la realtà. Quella che viviamo da alcuni anni è la “nuova” normalità. E la questione più complicata è la dimensione culturale: «O cambiamo le categorie per leggere la realtà, o non cogliamo le trasformazioni». In questo quadro, ha chiesto Possamai, esistono ancora fattori che connotano il tessuto economico del Nord Est? C’è una capacità reattiva rispetto al resto d’Italia? «È un’area più dinamica rispetto al resto del Paese – ha risposto Marini – ma i tassi di crescita sono allineati a quelli delle altre regioni. Non c’è più il Nord Est coniato vent’anni fa in termini di categorie da Giorgio Lago. Bisogna ridefinire il territorio – ha affermato – con confini funzionali, non più identitari, per andare incontro alle esigenze di chi nel Nord Est vive e lavora». La vera sfida consiste nel costruire sistemi territoriali intelligenti, ha proseguito il docente, visto che i confini amministrativi attuali non hanno più senso.
Ma il Nord Est ha perso slancio politico? ha chiesto ancora Possamai, aggiungendo: «Da qualche riforma regionale coglie qualche segno di ristrutturazione della casa comune?». Da Marini è giunto un secco «No». Ricordando la situazione degli anni ’90, ha rilevato che «oggi c’è molto sparpagliamento, non ci sono poli aggreganti ma tante visioni spezzettate», facendo l’esempio delle Camere di commercio e delle associazioni confindustriali. «Si fanno microprogetti – ha osservato – quando la parola chiave è velocità, cioè una progettazione che risponda rapidamente alle sollecitazioni dall’esterno. Oggi non vedo nel Nord Est nuovi soggetti capaci di coalizzare gli interessi come gli imprenditori negli anni ’90».
Calandosi nella realtà locale, e richiamandosi anche a quella monfalconese, il direttore de “Il Piccolo” ha posto un ulteriore tema: «L’industria è ancora un generatore? Cosa si vede per il futuro di Monfalcone e della regione? «Monfalcone – ha spiegato Marini – sbaglierebbe a guardare solo all’industria e a non pensare anche a turismo, artigianato e cultura. Le prospettive del territorio si costruiscono in una logica intersettoriale, necessaria per portare risorse dall’esterno». L’industria ha comunque bisogno di una logistica efficiente. E in proposito Possamai ha puntato il dito contro le logiche di campanile: «Da un’autorità portuale unica per il Nord Adriatico, che integri Trieste, Monfalcone e Venezia avremmo tutti da guadagnare. Invece con le nostre baruffe da cortile facciamo il gioco del porto di Atene».
Ma c’è una ricetta per consolidare quei timidi segnali che il Nord Est sta inviando? Per Marini si deve «identificare un “brand” forte e concentrare le risorse su quello, tenendo insieme identità e globalità».